E per fortuna, oltre ai post programmati, posso scrivere anche dal cellulare. Un brevissimo post, un piccolo pensiero per questo giorno. Pasquetta. Ma anche e soprattutto la Festa della Liberazione. Come scrive De Luca, l'uomo che dimentica è un vuoto chiuso, un bicchiere rovesciato. L'Italia ha un tremendo bisogno di ricordare ma, non capisco il perché, si volta dall'altra parte. Per fortuna non tutta. C'è ancora chi vuole ricordare. Io ho paura, paura che invece di cantare come Gaber "la mia generazione ha perso" dovrò cantare "la mia generazione non c'ha nemmeno provato". E se sarà così, sarà perché abbiamo dimenticato.
C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia
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