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Visualizzazione dei post da 2020

Il capo che vorrei

Non so se capita anche a chi ha un lavoro stabile, magari da anni. Però per un diversamente occupato credo sia normale che, saltellando da un lavoro all'altro, si inizi a fantasticare su come saranno i futuri colleghi o il futuro capo. Infatti se non è proprio il tuo lavoro dei sogni, e talvolta anche in quel caso, è proprio la componente umana che fa da contorno al lavoro a fare la differenza. Immersa in questi voli pindarici, sono arrivata talmente in alto da chiedermi: quali sono i capi "della fantasia" che vorrei? Ho fatto un tuffo fra i personaggi delle mie serie TV preferite e ho pescato tre (quattro) capi ideali che più differenti non si può! Per dire quanta poca coerenza ci sia perfino nella mia fantasia!  Ve li descrivo un po'. E poi sono curiosa: chi vorreste voi per capo a lavoro fra i personaggi di fantasia incontrati fra le pagine di un libro o su un piccolo o grande schermo? Hank Voight (Chicago PD) . Una persona decisamente poco equilibrata. Sceglierlo

Laureata precaria

Quando ho avuto il blocco del blogger avevo un sacco di idee che mi affollavano la mente ma che si intasavano sulle dita, senza poterle scrivere.  Quindi per riaprire la Precarioteca ho dovuto rileggere gli ultimi post: mica ricordavo cosa ho pubblicato davvero e cosa avevo soltanto pensato! Quindi figuriamoci se mi ricordo quale canzone avevo in mente quando ho scritto questo post .  Per ricominciare in modo easy, vi presento una canzone sul precariato che più esplicita di così non si può.  La trama . "Laureata precaria" di Simone Cristicchi dice tutto già dal titolo. Ma ad ogni verso, ad un ritmo accattivante ed orecchiabile, diventa sempre più esplicita. Come apertamente dichiara subito, questa canzone è il " secondo tempo di una studentessa universitaria ", altra canzone che forse conoscerete perché si sentiva in radio a suo tempo. Tutto tristemente noto: una neolaureata con il massimo dei voti si ritrova con un bimbo piccolo, ahimè precaria, a fare i più dispar

Saper aspettare

Quando me ne sono andata dal lavoro stagionale non avrei potuto immaginare tutto questo. E men che meno quando ho lasciato le associazioni con cui collaboravo da lavoratrice autonoma. In entrambi i casi avevo detto basta perché trovavo le condizioni umane e lavorative poco consone al mio essere.  Alla fine devo ringraziare tutti coloro che, con il principale fine di sfruttare chi avevano sotto di loro, mi hanno sottopagata, chiamata ad orari improponibili, sminuita. E devo ringraziare me stessa che a certe azioni ho fatto corrispondere una sola reazione: andarmene a gambe levate. A quello che si sarebbe poi rivelato il momento giusto. Perché ogni singola fuga mi ha portato all'esatto punto in cui mi trovo adesso. Ovvero che adesso ho un lavoro.  Sono una bidella laureata. Della laurea non me ne faccio un bel nulla ma in questo marasma che sono stati gli ultimi dieci mesi di pandemia io ho un lavoro. Purtroppo sono veramente in tanti quelli che non possono affermarlo con la mia stes

Dove eravamo rimasti

 Ciao a tutti, come state? Dopo tanto tempo è il minimo che possa chiedervi. Non fosse altro perché c'è di mezzo una pandemia mondiale.  Io sto bene e i miei cari pure. Mettiamoci un "per ora" scaramantico, non si sa mai.  Proprio perché c'è stato di mezzo tutto questo casino del virus avrei avuto tempo da vendere per scrivere e invece me ne è mancato sempre lo spirito. Poi, in questi giorni, mi è frullato diverse volte il pensiero in testa. E quindi eccomi di nuovo qua.  Sono ancora diversamente occupata, lavoro per mia fortuna dove lavoravo lo scorso anno (da due anni faccio la bidella, per chi non si ricordasse) e, sebbene sia in odore di posto fisso (un odore che ricorda tanto quello di pipì di maschio preadolescente), ci sono ancora sufficientemente lontana da aver materiale per questo blog per ancora tanto, tanto tempo.

Bonus

Io capisco l'emergenza. Capisco chi è con l'acqua alla gola. Chi è preoccupato per il futuro. Chi teme di fallire. Di non uscire economicamente vivo dalla crisi causata dalla pandemia... E capisco pure che la burocrazia snella non è il fiore all'occhiello dell'Italia. ... Ma porca miseria, per quei 600 euro di bonus avete fatto peggio di quando siete usciti dal supermercato con 20 panetti di lievito! (State sereni che con l'INPS non funziona come alle televendite alle quali forse vi siete abituati in questi giorni vuoti. Alle prime cinquanta telefonate non arriva in regalo nessuna batteria di pentole!)

Giornate tipo

La sensazione che le giornate siano tutte uguali. Il rimanere in pigiama tutto il giorno. O, quando è grassa, togliere il pigiama per mettere la tuta. Uscire solo per fare la spesa. E anche per quella, con moderazione. Scombinare tutti i ritmi sonno veglia, anche se ti sei imposto di svegliarti presto e fare una vita regolare. Poi però ti prende l'inedia e vai a letto tardi, magari dormi male, con mille pensieri. Controllare via via il telefono, o la mail, in attesa di una bella notizia. Ma niente. Ridurre la vita sociale perché non si può uscire ogni sera per locali a farsi l'aperitivo. Mandare a fanculo col pensiero tutti quei post sul mantenere la positività, l'ottimismo e la speranza. Perché all'inizio sì, ma dopo tanto tempo uno cede... No, non sto descrivendo la quarantena. Questo è un normale stralcio di vita di un disoccupato.

Pop corn

Oggi a merenda ho fatto i pop corn. Quelli veri, che si scoppiano nella pentola. E non perché ho le fregole da quarantena ma perché ogni tanto mi piace fare i pop corn. E allora ho pensato a una delle mie bimbe che veniva a chiedermi il disinfettante perché si era bruciata un dito facendo i pop corn da sola a casa con la sorella. Che poi era anche un po' una scusa per uscire dalla classe e venire a fare due chiacchiere con noi. E poi una volta avevamo scherzato perché il mio collega diceva che dovevo tagliarmi un dito io per regalarlo alla bimba, per farla ridere. E l'ho fatta ridere pure io perché qualche giorno dopo me lo sono tagliato davvero un dito. Sono andata a lavoro con una grossa fasciatura e ho detto alla bimba "guarda, collega ci ha provato davvero a tagliarmi un dito per regalarlo a te!". C'era anche la sorella che rideva, anche se non sapeva tutta la storia. La sorella è una delle mie preferite, perché mi racconta tutti i gossip della sua class

Andrà tutto bene (?)

Non è tanto la quarantena che mi ha spinto a scrivere. Per ora non l'ho patita granché. Per il tempo da impegnare dico. Soffro invece perché ho una situazione complicata in famiglia in questo momento e la mia vicinanza sarebbe un grande aiuto e invece no. Non si può. Dannato virus. Spero che si accontenti di questo. Di rendere ancora più difficile quello che già sarebbe stato critico. lo spero, lo spero davvero tanto... Mi sembra già sufficiente così. È che forse questo spazio inizia a mancarmi ma la mancanza mi resta ogni volta soffocata da un pensiero più grande, più scuro, più negativo. Ci riprovo. Provo a tornare. Avevo già iniziato, qualche giorno fa, prima che tutto precipitasse, a scrivere un post. Era un po' acido, era un po' antipatico. Ora non è il momento. È il momento di sperare. Voi tutti invece come state?

Almeno un saluto.

Ho lasciato qualche parola distratta sulla pagina Facebook del blog senza neanche passare da qua. Senza nemmeno fare un saluto. È quando meno da maleducati, me ne rendo conto. È che in questo periodo pur avendo le idee su cosa scrivere non ho voglia di farlo. Avete capito bene: voglia. Non me ne manca il tempo, che comunque non è che abbondi. Avrei potuto trovare una scusa ma voglio essere onesta. Mi si è spenta la "passione" in un qual modo e non ho altro di che dire. Però ecco non è certamente un addio. È senz'altro un arrivederci, che tanto sarò diversamente occupata per ancora tanti e tanti anni.