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Visualizzazione dei post da dicembre, 2020

Il capo che vorrei

Non so se capita anche a chi ha un lavoro stabile, magari da anni. Però per un diversamente occupato credo sia normale che, saltellando da un lavoro all'altro, si inizi a fantasticare su come saranno i futuri colleghi o il futuro capo. Infatti se non è proprio il tuo lavoro dei sogni, e talvolta anche in quel caso, è proprio la componente umana che fa da contorno al lavoro a fare la differenza. Immersa in questi voli pindarici, sono arrivata talmente in alto da chiedermi: quali sono i capi "della fantasia" che vorrei? Ho fatto un tuffo fra i personaggi delle mie serie TV preferite e ho pescato tre (quattro) capi ideali che più differenti non si può! Per dire quanta poca coerenza ci sia perfino nella mia fantasia!  Ve li descrivo un po'. E poi sono curiosa: chi vorreste voi per capo a lavoro fra i personaggi di fantasia incontrati fra le pagine di un libro o su un piccolo o grande schermo? Hank Voight (Chicago PD) . Una persona decisamente poco equilibrata. Sceglierlo

Laureata precaria

Quando ho avuto il blocco del blogger avevo un sacco di idee che mi affollavano la mente ma che si intasavano sulle dita, senza poterle scrivere.  Quindi per riaprire la Precarioteca ho dovuto rileggere gli ultimi post: mica ricordavo cosa ho pubblicato davvero e cosa avevo soltanto pensato! Quindi figuriamoci se mi ricordo quale canzone avevo in mente quando ho scritto questo post .  Per ricominciare in modo easy, vi presento una canzone sul precariato che più esplicita di così non si può.  La trama . "Laureata precaria" di Simone Cristicchi dice tutto già dal titolo. Ma ad ogni verso, ad un ritmo accattivante ed orecchiabile, diventa sempre più esplicita. Come apertamente dichiara subito, questa canzone è il " secondo tempo di una studentessa universitaria ", altra canzone che forse conoscerete perché si sentiva in radio a suo tempo. Tutto tristemente noto: una neolaureata con il massimo dei voti si ritrova con un bimbo piccolo, ahimè precaria, a fare i più dispar

Saper aspettare

Quando me ne sono andata dal lavoro stagionale non avrei potuto immaginare tutto questo. E men che meno quando ho lasciato le associazioni con cui collaboravo da lavoratrice autonoma. In entrambi i casi avevo detto basta perché trovavo le condizioni umane e lavorative poco consone al mio essere.  Alla fine devo ringraziare tutti coloro che, con il principale fine di sfruttare chi avevano sotto di loro, mi hanno sottopagata, chiamata ad orari improponibili, sminuita. E devo ringraziare me stessa che a certe azioni ho fatto corrispondere una sola reazione: andarmene a gambe levate. A quello che si sarebbe poi rivelato il momento giusto. Perché ogni singola fuga mi ha portato all'esatto punto in cui mi trovo adesso. Ovvero che adesso ho un lavoro.  Sono una bidella laureata. Della laurea non me ne faccio un bel nulla ma in questo marasma che sono stati gli ultimi dieci mesi di pandemia io ho un lavoro. Purtroppo sono veramente in tanti quelli che non possono affermarlo con la mia stes

Dove eravamo rimasti

 Ciao a tutti, come state? Dopo tanto tempo è il minimo che possa chiedervi. Non fosse altro perché c'è di mezzo una pandemia mondiale.  Io sto bene e i miei cari pure. Mettiamoci un "per ora" scaramantico, non si sa mai.  Proprio perché c'è stato di mezzo tutto questo casino del virus avrei avuto tempo da vendere per scrivere e invece me ne è mancato sempre lo spirito. Poi, in questi giorni, mi è frullato diverse volte il pensiero in testa. E quindi eccomi di nuovo qua.  Sono ancora diversamente occupata, lavoro per mia fortuna dove lavoravo lo scorso anno (da due anni faccio la bidella, per chi non si ricordasse) e, sebbene sia in odore di posto fisso (un odore che ricorda tanto quello di pipì di maschio preadolescente), ci sono ancora sufficientemente lontana da aver materiale per questo blog per ancora tanto, tanto tempo.