Passa ai contenuti principali

Un'inutile guerra

La prova lampante del fatto che sto perdendo colpi è stata quando lunedì mi sono addormetata sul più bello de "Il sorteggio", un film che aspettavo da mesi. Un'ora bellina bellina di sonno.
Martedì c'era XFactor e sono rimasta sveglia per il semplice fatto che non mi sono sdraiata e che mi teneva sveglia il pensiero che il nuovo decoder smettesse di registrarmi i Cesaroni (invece è troppo forte quel trabiccoletto, aspetto in gloria di capire se mi prenderà anche i principali canali rai, ma registra troppo bene!). Ho fatto una fatica bestiale però, a tenere gli occhi aperti.
Ieri ho capito che non ha senso fare la lotta per vedersi soccombere ogni volta.
Quindi mi sono sintonizzata sul 5, che c'era Ti presento i tuoi, o come si chiama, da ridere ma senza pretese. Mi sono infilata nel letto, e ho chiuso gli occhietti. Boia che dormita, non c'è altra ninna nanna che una tv accesa.
Ora scusatemi, vado a guardare Ho sposato uno sbrirzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz.

Commenti

  1. io se mi metto sul divano riesco anche ad addormentarmi sul iù bello dell'ultima puntata di RIS... sono un caso disperato

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado