Passa ai contenuti principali

Felice Pasqua

Se la Pasqua non è mai stata la mia festività preferita, quest’anno posso amaramente dire che ne ho detestato ogni singolo istante di queste brevissime vacanze.
Non c’è stato giorno che non sia stato funestato da un litigio, un malessere fisico, un incomprensione. Sono stata male, fisicamente e moralmente. A volte mi chiedo se sarebbe meglio seguire quel pezzettino di dna che mi vuole un’eremita solitaria.
Trovo assurdo che spesso sono le persone che dovrebbero essere più vicine a me quelle che non mi capiscono. E’ doloroso sentirsi non capiti perché non ascoltati. O se ascolti non presi sul serio. Lo è ancora di più se ti rendi conto che è uno schema che si ripete, se ti chiedi se sei tu il problema e chiedi aiuto. Diventa straziante quando la tua richiesta di aiuto viene vista come una provocazione, come una sfida, come una perdita di tempo e fiato.
E così di nuovo ti senti non presa sul serio, come se tutte le cose che escono dalla tua bocca siano stronzate.
E’ buffo, a volte addirittura si chiede la mia opinione. “Bianco o nero?” “Bianco” “ok, e nero sia”. Soprattutto se ci tengo al bianco, perché poi se dico “boh è uguale bianco o nero”, allora si fa come “voglio” e dopo mi viene rinfacciato che non è vero che si fa sempre il contrario o che non mi si ascolta mai. E di nuovo non mi sento ascoltata perché…
E’ un vortice senza via d’uscita.
Sono così stanca che non vedo nemmeno una piccola luce in fondo.
Sono stata male anche fisicamente. Durante il pranzo di Pasqua sono stata colta da un sonno e da una debolezza improvvisi che mi facevano sentire una merda. Cercare di tenere gli occhi aperti e non riuscirci è assolutamente poco simpatico. Escludendo un attacco di narcolessia, credo che tutto ciò sia stato dovuto a un abbassamento di pressione, che purtroppo mi sta flagellando l’anima da qualche giorno. Per mia mamma è stato sempre importante che io prendessi le vitamine, la risoluzione del problema veniva da sé. Perciò può farti impazzire come il rumore prolungato del trapano del dentista, o la tortura della goccia affinché tu prenda la medicina, e dopo è a posto col mondo.
Anche se sei ribaltata sulla tavolata di Pasqua.
Fortuna che non abbiamo l’usanza di andare al ristorante. Sarebbe stato quantomeno inadeguato farsi vedere spaparanzati sul tavolo. “Ma stavo sdrammatizzando” “ma mica morivi”.
Emmenomale.
E poi tanto per continuare l’elenco è anche tanto deprimente sentirsi dire che i miei problemi sono sempre un’altra cosa, un’altra gravità, un’altra storia, rispetto a quelli degli altri.
Sono frustrata e stanca.
Non so neanche se pubblicarlo questo post, ma in fondo saranno solo ancora altre parole urlate al vento.
Mi tornerà il buonumore, non temete.
Ma quando passo questi periodi un pezzettino di me muore come una piantina lasciata alle intemperie.
Anche se qualcuno si era tanto raccomandato di metterla in serra.

Commenti

  1. #3 Lunga


    @grissino: non è sempre un male sai!

    @serena: cara, sarà perchè siamo troppo buone il che equivale a coglione!
    06 aprile 2010 21:29
    #2 Serena


    Hai fatto benissimo invece a pubblicare questo post...ti capisco cara, ti capisco...ma perché i nostri problemi per gli altri sono sempre futili? Mi spiace che non stai bene fisicamente, ma sono certa che ultimamente lo stress e il "cambio di stagione" hanno fanno la loro parte...Mi raccomando io sono qui per qualsiasi cosa...TVB!
    06 aprile 2010 20:31
    #1 Grissino

    su su capita anche a me e io non ho nemmeno la ragazza su cui piangere o con cui prendermela

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado