Passa ai contenuti principali

Tornando a casa...

C’è una specie di modo di dire che caratterizza TLA, il cui succo è “abitare tutti gli spazi tranne che il proprio è la psicosi”.Mi è subito piaciuta, questa definizione. Soprattutto perché non la riferiscono mai ai veri psicotici, bensì alle così dette persone normali, che però fanno un po’ fatica a stare in se stesse.
Non so, per fare un esempio, una persona che fa mille lavori e si procura mille impegni perché in realtà non ha uno spazio suo, magari non ha amici o affetti e fa sì che quegli spazi “fuori da sé” diventino i proprio, per colmare dei vuoti (mamma mia che discorsi pissicologici, mi faccio paura da sola!). Chiaramente non è che una persona così è davvero psicotica (o almeno non sempre!!!), però è il funzionamento ci assomiglia molto.
Quella frase mi è piaciuta perché in fin dei conti non è molto raro, anzi è piuttosto frequente, incontrare persone così, che anche  solo per un periodo della loro vita, non riesco stare integrate in se stesse.
Volete un altro esempio?
Ecco, quella frase calza a pennello a una persona che apre e chiude blog alla ricerca del SUO  spazio.
Non lo so perché, mi sono svegliata una di queste mattine (vuoi che sia stata una crisi esistenziale, voi che siano stati i 30 gradi FISSI  in camera da letto) con questa urgenza di tornare a blogger, spazio che ha visto nascere il primo blog. E che mi ha accompagnato fino alla meta “più grande” che ho raggiunto nella mia vita, la laurea. Poi ho cambiato sito, ho cambiato registro, ho cambiato titolo, ho cambiato un sacco di cose.
Ma in realtà non ho cambiato niente.
In un anno sono CRESCIUTA come professionista ma soprattutto come persona. Ho affrontato nuove difficoltà, ho pianto, ho riso, sono caduta e mi sono rialzata.
Come sempre in questi ultimi anni di blog, che, guarda caso, sono gli anni che mi hanno cambiata di più.
Alla fine mi sono decisa, importerò tutti i post di “Sotto il segno del piccione” e del vecchio “L’altra ultima sporca meta”, ricompattando presente e passato. Alla ricerca di un mio ultimo definitivo spazio.
Che attendo fra (spero) non troppo tempo.
Senza più psicosi.

Commenti

  1. BENTORNATA IN BLOGGER!! Che bello ritrovarti qui! Bellissimo il template che mi ricorda molto le mie "gocce"...ti abbraccio forte!

    RispondiElimina
  2. Viva la psicosi, quando ti fa scomporre in tantissimi pezzi la tua vita e ti mette di fronte alla realtà, ti permette di guardarti allo specchio, per vedere come eri, come sei..alla ricerca di un posto in cui star bene con se stessi, in cui respirare aria a pieni polmoni, per continuare a crescere e ogni giorno scoprire qualcosa di nuovo su stessi! :)

    RispondiElimina
  3. Ireee mi fai impazzire... non ti si sta dietro! :D iobloggo t'ha stancata? Io non mi convinco a cambiare, anche se la pubblicità che compare in alto mi urta e non pco

    Vale

    RispondiElimina
  4. @vale:iobloggo non mi ha stancata anzi! Ma spiegherò nel prossimo post! Giurin giurello che mi impegno a non spostarmi più!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado