Passa ai contenuti principali

Se avessi saputo

Ho avuto il piacere di avere Mecacci come professore all'università e devo dire che è stato uno dei pochi (due in tutto!) che hanno saputo insegnarmi veramente qualcosa. Dopo tanti anni mi è venuta voglia di leggermi questo volumetto alla luce di anni di studio che mi hanno fatto decidere "da che parte stare". Perchè per farla breve la psicologia viene identificata in quella terapia dove c'è un tizio su un divanetto che chiacchera e quello dietro (pagato profumatamente) che dorme. In realtà non è così, esistono tante teorie tutte diverse. Io non mi riconosco nei freudiani e se avessi letto prima questo libro probabilmente non mi sarei mai iscritta a psicologia, giusto per non rischiare di essere confusa con certa gente. Che tra l'altro sul lettino non ci chiaccherava e basta.
Da leggere per aprirsi gli occhi sull'ambiente psicoanalitico ma anche per farsi due sane risate. A volte sembrano davvero barzellette.

E Mecacci scrive in modo veramente semplice e scorrevole adatta ad un approccio anche per i non addetti ai lavori.

Commenti

  1. #4 Serena


    La mia facoltà ovviamente era la Seconda Università degli Studi di Napoli a Caserta...grazie per avermi illuminata sulla cosa, erano misteri che non mi spiegavo da anni!
    23 marzo 2010 18:27
    #3 Lunga


    @serena: dove l'hai fatta l'uni? so che a padova sono molto da quella sponda. mecacci è un prof di firenze. comunque a cesena sono di un'altra sponda... si chiama cognitivo-comportamentale come terapia.. e la parola cognitivo ti dovrebbe far capire che son dietro a poche segate, come si dice da me!

    @federica: e ti puzzano bene!
    22 marzo 2010 22:58
    #2 Federica


    io al liceo avevo letto solo qualcosa sull'interpretazione delle fiabe di Bettlheim e credo sia un freudiano... certe cose saranno vere ma tante mi puzzano di cazzate stragiganti
    22 marzo 2010 20:27
    #1 Serena


    Perdona la mia ignoranza ma non conosco il prof. Mecacci Già, uno psicologo l'ho sempre immaginato come l'hai descritto tu...un lavoro che giudico veramente complicato...anche se posso dirti che la facoltà di Psicologia era attaccata alla mia quando studiavo ed ho visto delle cose che ancora oggi non mi spiego... Persone che venivano bendate e lasciate sole nella struttura (te li trovavi in ascensore, sulle scale, nei vialetti) con la missione di "orientarsi" Poi altre cose strane che proprio non ho mai capito...

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado