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"Sono emigranto"


So che non sono numeri da statistica e che non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, ma in questi due anni ho conosciuto un sufficiente numero di italiani emigrati all'estero per poter dichiarare una cosa solenne: "minchia, e dateci tregua, che cavolo!"


Ci sono quelli che volutamente ti fanno l'accento straniero (ho sentito parlare un anglofiorentino che ci penso ancora mi si accappona la pelle). Ci sono quelli che ti parlano dell'Italia come una strana meta da vacanzieri (e poi indaghi, il tizio si chiama Mario Rossi ed è nato qua). Ci sono quelli che ne parlano male, a prescindere. E ci sono quelli che semplicemente hanno quello sguardo... Non lo saprei definire bene, ma è un misto di sufficienza, pena e un accenno di schifo.

A mente fredda penso questo. Che la storia italiana è fatta anche di migrazioni, chi va e chi viene, chi scappa e chi viene accolto. Che ci sono talmente tanti problemi su talmente tanti fronti che "me ne vado" è un pensiero che attraversa la mente di tutti. Ma è anche vero che ognuno la sua storia, e non tutti possono o magari vogliono andarsene. Ci vuole tanto coraggio ad andare via e cominciare da capo in uno Stato che non è il proprio. Si cambiano lingua, abitudini, cibo... Ma ci vuole anche coraggio a restare e affrontare a testa alta tutte le "italianezze": precariato, furbetti, burocrazia... Non vedo perché sentirsi una spanna sopra di noi che siamo rimasti.


E comunque a caldo sappiate che penso solo una cosa: ma cosa volete da noi che come minimo adesso abitate in un paese che snobba l'utilizzo del bidet?!




Commenti

  1. che magari all'estero lavorano al mcdonald's

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  2. Meglio restare. Poi dipende dal lavoro e dalla qualità della vita che di può fare.

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  3. Concordo: ci va coraggio ad andarsene, a tornare e a rimanere.
    E bisognerebbe sempre rispettare le scelte degli altri.

    Purtroppo non tutti lo sanno fare, anche quando si vantano di aver imparato a vivere tra mille culture.

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  4. Io sono fuori dell'Italia da anni ma non guardo l'Italia con sufficienza, e direi che il mazzo me lo faccio decisamente anche qua.
    Non so quali emigranti tu abbia conosciuto (probabilmente sono più abbienti di me) ed è vero: se sono diplomatici o capitani d'industria forse ci sta che si sentano una spanna sopra, ma lo farebbero anche se fossero in Italia.
    Quelli che conosco io e mi sono trovata a frequentare, invece, sono decisamente persone che non ostentano il vivere all'estero come qualcosa che li rende superiori. Semplicemente vivono e lavorano all'estero, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso.

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  5. Ciao, io mi sento un poco come Nuvola qua sopra. Sto in Svizzera da qualche anno, per questioni sentimentali piu' che per lavoro (che ho poi ho faticosamente trovato) visto che qui vive la mia compagna italiana che da quasi vent'anni lavora nel settore alberghiero. Io non ho mai avuto particolari legami col mio paese d'origine perché sostanzialmente ho avuto una famiglia molto dispersiva e molto poco stanziale come abitudini. Quelli di cui parli tu ne conosco anch'io, io sorrido invece per quelle persone immigrati che ho conosciuto (nel mio caso specifico portoghesi, italiani, croati, thailandesi, vietnamiti, kosovari, albanesi) che millantano ai parenti rimasti in patria di stipendi da favola, di vite meravigliose. Una delle tecniche migliori è comprare un macchinone fiammante (Mercedes, BMW, Audi usate con quattrocentomilioni di chilometri a pochi soldi) e tornare a casa per mostrare di aver conquistato il mondo, senza raccontare quasi niente delle sofferenze, difficoltà, paghe basse. Ne ho beccato pure io uno della mia zona che si è trasferito nella Svizzera interna e racconta in giro di stipendi da cameriere completamente fasulli pur di non dire che fa una gran fatica pure in Svizzera.

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  6. Sì, Andrea, credo ti abbia centrato il punto e credo che per l'utenza del luogo in cui lavoro venga raccolto in maggioranza il tipo di persona che ostenta la.Mercedes usata.

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  7. Credo che chiunque, di base, vorrebbe restare nel proprio paese. Poi subentrano le difficoltà a trovar lavoro (create fra l'altro da chi, per evitare di pagar tasse e impoverendo di fatto il nostro paese, ha esternalizzato le proprie attività all'estero). La scelta non è facile e in ogni caso dolorosa e spesso le aspettative di chi parte vengono disilluse e, per orgoglio, non si vuol mostrare che, in fondo , così bene non è andata. L'alternativa tra partire è restare è un vero dilemma e, come diceva Gabriele Salvatores, alla fine del film "Mediterraneo", tutte queste riflessioni possono esser "dedicate a chi sta fuggendo"... o pensa di fuggire.

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  8. Io credo che ci voglia tanto coraggio ad andare all'estero, lasciando qui famiglia, amici...ma , per chi è giovane, ci vuole tanto coraggio per continuare a cercare un lavoro, che non arriva. Qualunque si la decisione presa, ci vuole coraggi e speranza.
    Non c'è da discriminare o prendere in giro, ognuno fa quel che può, quel che gli conviene, quel che trova. In ogni caso ogni scelta va ponderata e rispettata. Saluti.

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  9. Sono d'accordo con te! Inoltre penso che i migliori restano qui e cercano di cambiare le cose che non vanno. Ho dovuto vivere all'estero per 4 anni (non per scelta) e sai cosa credo? Che chi va via ha questo atteggiamento di superiorità perché vuole essere invidiato ma, in realtà, sente molto la mancanza dell'Italia... del resto come si può limitare questo splendido Paese, con l'arte ed i paesaggi più belli del mondo, a 15 giorni di vacanza? Noi viviamo sempre immersi in questa bellezza!!
    Buon fine settimana.

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