Passa ai contenuti principali

Non proprio funny people

Finalmente sono riuscita a vedere Funny People, il nuovo film con Adam Sandler.
E non so dargli un giudizio.
La storia è molto bella, drammatica direi. Il famoso comico George Simmons scopre di essere malato di una rara forma di leucemia e di avere la vita appesa a un misero 8% di possibilità di riuscita di certe cure sperimentali. Torna così alle origini e ricomincia ad esibirsi nel cabaret. Qui conosce Ira, un giovane comico “emergente”, impacciato sul palco e nella vita. Decide di prenderlo a lavorare per lui, ma più che un dipendente Ira diventa per George l’amico che non ha ormai da tempo. Il successo infatti ha reso George viziato, un po’ stronzo e soprattutto solo. Grazie a questa presenza e alla malattia che incombe cerca di recuperare vecchi rapporti, tra i quali quello con Laura la sua ex fidanzata, ora moglie e madre all’interno di una famiglia che ora George rimpiange. La sua vita però non è così idilliaca e la donna si dichiara subito ancora innamorata di George. Nel frattempo lui ha scoperto di essere parte di quell’8% di persone che riesce a salvarsi dalla malattia ma, come Ira gli farà notare, non è certo uscito umanamente migliore da quell’esperienza così vicina alla morte. George sta infatti egoisticamente cercando di riprendersi Laura e continua ad usare Ira per arrivare allo scopo. Quando Ira non ci sta, cercando di salvare il matrimonio di Laura (che in realtà fa un passo indietro e decide di tenersi il marito fedifrago ancori prima che Ira riesca a metterla in guardia),George lo licenzia e lui deve tornare alla sua vita di prima.  Ma in fondo in fondo George è cambiato, non a causa della malattia, bensì grazie all’Amicizia con Ira, e questo lo dimostra nell’ultima scena quando va a cercare nuovamente Ira per riavvicinarsi a lui e aiutarlo nella sua carriera di comico.
E questo, beh, tanto di cappello. Tra l’altro i due protagonisti sono assolutamente in parte: Adam Sandler (e lo dico perché ci credo, e perché sono di parte dato che lo ADORO) è uno di quei comici che all’occorrenza sanno essere fortemente drammatici (anche se questo film rimane, purtroppo oserei dire, più che altro sul tono di commedia) e lo ha dimostrato in Reign over me e nel surreale Ubriaco d’amore.  Seth Rogen non lo conoscevo ma la parte del ragazzone un po’ bonaccione e imbranato gli calza a pennello.
Detto così sarebbe un film bellissimissimo. Invece… questo film ha una forte pecca, quello di inserire dialoghi comici tipo meta teatro, diciamo così, che non fanno assolutamente ridere e anzi superano il livello di guardia della volgarità. Il regista, Judd Apatow, è identificato come l’altro nascente della comicità ammmerigana, dopo il successo di 40 anni vergine e Molto incinta. Ora, io non ho visto questi film e non posso giudicare, ma le cose stanno così: o hanno tradotto malissimissimissimo i dialoghi o questi americani stanno avendo un frano nel modo di divertirsi.
Insomma, 'sto tizio ha rovinato un capolavoro.
Ps: notissima di demeritissimo. Adam me lo ricordavo dal suo penultimo film (Zohan) con un fisicaccio scolpito e abbronzato. Ora è… lievitato un pelino. A breve foto-cronaca per documentare lo scempio.

Commenti

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado