Passa ai contenuti principali

Storia di R.

Ho conosciuto R. alle superiori: non era il classico studente modello, ma era molto intelligente. Sapete quelli di cui i prof dicono "è bravo ma potrebbe fare di più"?. Ecco, R. era così perché preso da altro. Magari non ti faceva l'analisi del testo della poesia a pagina 46 ma ti leggeva 3 romanzi extra scolastici in una settimana. 
Si è diplomato con il massimo dei voti e si è iscritto a una facoltà che ai tempi era emergente e "di moda" con la promessa di un lavoro sicuro dopo la laurea. Ha annusato che non sarebbe stato così molto presto e si è dato da fare perché "se magari si fosse laureato prima degli altri e si fosse specializzato con un master"... 
Alla fine da superspecializzato, ingannato da chi lo doveva formare per un futuro radioso, è finito a fare il commesso-magazziniere. Alle (poche)  di classe l'ho visto cambiare tanto. Anche fisicamente, dallo stare sui libri e bersi birrini uno dietro l'altro a spostare chili e chili di merce ne passa di differenza!
Poi ci ha raccontato che si era molto appassionato alla palestra, quella pesante, tipo pesistica. Si piaceva di più. All'ultima cena non l'ho trovato cambiato: era letteralmente trasformato. I pettorali scoppiavano dalla maglia aderente, eppure me lo ricordavo ragazzotto con la pancetta,  vestito un po' "da comunista", da intellettuale sdrucito. Eppure, a sentirlo parlare, era ancora quel ragazzo con la battuta intelligente pronta. 
L'altro giorno leggiucchiavo distrattamente qualche notizia in bacheca su facebook quando ho visto un post in cui era taggato R. Anzi no, il personal trainer e agonista R. 
Della sua passione nata al fine di rinforzarsi un po' per tirare su gli scatoloni ne ha fatto un (secondo) lavoro. Ho sbirciato un po' la sua pagina professionale e quella personale. Sembra contento. E dal tono dei suoi post sotto a tutti quei muscoli c'è ancora quella mente arguta e brillante del liceo. 

Se è sereno sono felice per lui, perché ha saputo reinventarsi davvero. Però, senza nulla togliere a quei muscoloni, mi rattristo perché il mondo del lavoro ha perso un gran bel cervello.


Commenti

  1. A un certo punto ho pensato finisse male... meno male!! Beh, oh... muscoli e cervello.
    Se è contento, meglio così. Cazzi degli altri :)

    Moz-

    RispondiElimina
  2. bella narrazione, c'è calore nello sguardo e sostanza nelle parole.
    massimolegnani
    (orearovescio.wp)

    RispondiElimina
  3. Dici che il mondo del lavoro ha perso un bel cervello...però ne ha guadagnato dei bei muscoli.
    Non è detto che i secondi valgano meno del primo.
    Fare il personal trainer non è meno bello che stare seduti in ufficio. Anzi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non è per sminuire il lavoro di personal trainer per carità. E anzi ben venga una nuova passione che diventa anche un modo per lavorare. Però è stato un ripiego trovato perché il mondo che aveva scelto come lavoro principale, diciamo così, non l'ha voluto. Eppure se lo sarebbe tanto meritato e avrebbe nel suo piccolo fatto tante cose!

      Elimina
  4. È stato in gamba, del resto forse ora lavora in uno dei pochi settori in cui conta il merito.

    RispondiElimina
  5. A metà storia, ho pensato che finisse male !! Invece no, ha preso tutta un'altra strada. Forse sarà un peccato per il mondo del lavoro che ha perso un ragazzo di molte qualità ma, io credo che , in questo mondo incerto, trovare un lavoro che ti soddisfa è una bella cosa. Lui c'è riuscito, va bene così !! Saluti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo in pieno! In un mondo ideale lui avrebbe preso agilmente la sua strada ma il mondo ideale non esiste per cui va benissimo così

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado