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L'analfabeta che sapeva contare

Sapendo quanto mi era piaciuto Il Centenario e quanto sia facile venir delusi quando si hanno delle alte aspettative su qualcosa, mi sono avvicinata a L'analfabeta che sapeva contare con titubante curiosità. Tipo "mah, vediamo un po' meglio come se la cava questo scrittore". Punto e basta, giuro. Ero pronta a non trovarmi davanti una storia brillante come quella di Allan Karllson.
E invece.

L'inizio mi ha rapita. E forse coinvolta un po' troppo sul personale. Quando questa bambina sudafricana analfabeta ma molto sveglia e intelligente si chiedeva, lavorando in mezzo alle latrine, "cosa ci faccio qui?", confesso di aver più volte alzato gli occhi a guardare le pareti del mio attuale luogo di lavoro ed essermi fatta la stessa domanda.

Comunque. Fino ad un certo punto tutto bene. Poi la ragazza incontra due gemelli in Svezia, uno molto intelligente e uno molto stupido. E siccome la ragazza deve disfarsi di una bomba atomica, il gemello scemo ne combinerà talmente tante che ci impiegherà 20 anni per riuscirci. Tanti. Troppi. Un susseguirsi di trovate idiote (troppo) che alla fine non ne puoi più e non ti resta che sbottare: "Ancora?? Ma bastaaa!"

Lettura bocciata, molto molto a malincuore.

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