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Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà.

Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti).

Ecco, pare che sia proprio l'esatto opposto. In un mondo con tanta disoccupazione e tanto precariato sottopagato e una professione di insegnante sempre più a portata grazie alla mancanza del personale scolastico, diventare maestri e professori è diventata un'appetibile alternativa. L'ho scoperto mio malgrado quest'anno. Nella scuola dove ero due anni fa i prof erano sufficientemente spocchiosi dal rivolgermi la parola il meno possibile. Stavolta sono decisamente più alla mano e con alcuni stiamo facendo la reciproca conoscenza. Ho scoperto che in molti sono al primo incarico o poco più, che si erano ritrovati a casa disoccupati dopo la maternità, piuttosto che in difficoltà con la propria attività professionale. E allora "perché non provare?".

Insomma, meglio che stare a casa disoccupato, vado ad insegnare. Un ripiego qualsiasi. Come andare a fare il venditore di frittelle.

E io che fantasticavo sulla vocazione da insegnante, da educatore.

Ma a voi non sembra un po' triste questa realtà?

Commenti

  1. Cara Icaro, oggi sentire una che contenta è una cosa buona, auguri per il tuo posto!!!
    Ciao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  2. Ho spiegato questo concetto almeno a cinque persone di recente.
    Non trovo lavoro e in tanti mi stanno suggerendo di darmi all'insegnamento. Come fosse un mestiere come tanti, uno dei molti adatti a chiunque.
    Insegnare non mi piace perché, come scrivi, chi insegna DEVE sentire una vocazione. Come quella dei preti, delle suore e dei medici. Né più né meno.
    Conosco persone che insegnano solo perché hanno un diploma magistrale e hanno perso il lavoro che avevano. Non leggono un libro, non azzeccano un congiuntivo, non sanno scrivere una frase decente. Però insegnano. Io, se fossi un genitore, sarei allarmato.

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  3. Io sono invece un insegnante mancato per vari motivi. Ricordo ancora la proposta che mi fecero in collegio: quando ti laurei un posto per te qui ci sarà sempre per insegnare. Credo che sia uno dei rimpianti piu' grandi della mia vita. Ma ormai è acqua passata.

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    1. Forse non era la tua strada, altrimenti con la promessa di un posto sicuro magari l'avresti percorsa.

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  4. no so che dire...come studio fatto sarei maestra elementare cosa che dopo qlc sporadica supplenza, mi sono ritrovata a fare tutt altro x cui....certo che al giorno d oggi penso sia un lavoro difficile perchè non c'è più rispetto come una volta....ci saprai dire....ciao

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    1. Concordo, oggi gli insegnanti hanno a che fare con situazioni molto problematiche.

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    2. Insegnare oggi è una cosa impossibile per il sopravvento che hanno preso i genitori che aggrediscono sia fisicamente che verbalmente gli insegnanti che fanno semplicemente il loro dovere. Siamo alla follia. Purtroppo non c'è più rispetto per l'insegnante e i cattivi esempi vengono dai genitori in primis. Cosa dire? Alleveranno una generazione di disadattati incapaci di rispettare le regole che la società civile richiede. Glielo hanno permesso i dirigenti delle scuole e gli stessi insegnanti che impauriti si sono sottomessi ai genitori facendosi intimidire. E' ora di finirla, il Ministero deve dare agli insegnanti strumenti di difesa per far sì che i genitori violenti non prendano il sopravvento. Deve permettere agli insegnanti di essere tutelati per gestire classi pollaio ingestibili. Diversamente nessuno vorrà andare più a insegnare. Già le scuole stanno conoscendo una carenza di personale per questo motivo. Cosa fa lo Stato? Dov'è in tutto questo? https://www.tecnicadellascuola.it/fare-il-docente-oggi-un-mestiere-impossibile

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    3. Insegnare oggi è una cosa impossibile per il sopravvento che hanno preso i genitori che aggrediscono sia fisicamente che verbalmente gli insegnanti che fanno semplicemente il loro dovere. Siamo alla follia. Purtroppo non c'è più rispetto per l'insegnante e i cattivi esempi vengono dai genitori in primis. Cosa dire? Alleveranno una generazione di disadattati incapaci di rispettare le regole che la società civile richiede. Glielo hanno permesso i dirigenti delle scuole e gli stessi insegnanti che impauriti si sono sottomessi ai genitori facendosi intimidire. E' ora di finirla, il Ministero deve dare agli insegnanti strumenti di difesa per far sì che i genitori violenti non prendano il sopravvento. Deve permettere agli insegnanti di essere tutelati per gestire classi pollaio ingestibili. Diversamente nessuno vorrà andare più a insegnare. Già le scuole stanno conoscendo una carenza di personale per questo motivo. Cosa fa lo Stato? Dov'è in tutto questo? https://www.tecnicadellascuola.it/fare-il-docente-oggi-un-mestiere-impossibile

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  5. A me pare ovvio: visto che oggi fare l'insegnante è considerato un ripiego, la conseguenza è che i bambini/ragazzi si ritrovano davanti insegnanti pessimi.

    Per fare l'insegnante SERVE la vocazione, e soprattutto la dovuta preparazione.
    Purtroppo si vedono i frutti di "insegnanti" scadenti, proprio sui bambini/ragazzi.

    Non è un mestiere da tutti. Punto.

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  6. Un mio ex collega, superati i 55 anni, stanco dei casini che abbiamo in azienda, ha deciso di insegnare matematica.
    Si è preparato con cura alla nuova professione, non solo ristudiando per bene la materia (che forse non aveva mai abbandonato) ma ponendosi anche l'obiettivo di insegnare matematica in modo originale (per esempio recuperando aneddoti legati alla Storia della matematica, per renderla accattivante e interessare i suoi futuri alunni).
    Non credo sia questione di fare un mestiere di ripiego: se lo fai con passione, se sei professionale, lo dimostrerai comunque.

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    1. Sì concordo ma se appunto dietro c'è della preparazione e della volontà di fare bene il lavoro che si va a fare. Non credo sia per tutti così. Con quanto che i ragazzi (e non) con cui ho parlato mi sembrano anche piuttosto in gamba ma non molto consci di cosa stanno andando a fare.

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  7. Ma sai che mi hai anticipato un post?
    Certo che è una triste realtà. Una realtà terribile, perché non si bada minimamente alla vocazione.

    Moz-

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    1. Aspetto allora anche il tuo post, sono molto curiosa.

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  8. sono anche sta volta d'accordo con te: per fare l'insegnante più che la preparazione sulla materia (necessaria) serve la passione e la metodologia... e un fuoco dentro.

    Io di farlo non me la sento, per quanto mi piaccia stare con i ragazzi.
    A casa mia la maestra era un'istituzione: ho troppo rispetto per questo ruolo per buttarmi a casaccio in quei panni

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  9. @mia e federica: fortuna che ci sono persone che si mettono in dubbio. Ma temo che siate la minoranza!

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  10. IO sono un'insegnante in pensione da due mesi, dopo quasi 43 anni di lavoro nella scuola primaria . Niente , la pazienza se non ce l'hai te la devi far venire, per forza di cose. Non è facile avere a che fare con i genitori e i bambini di oggi. Non trovo proprio che sia un lavoro su cui ripiegare, anche perchè è richiesto un impegno non indifferente. E' un lavoro che non finisce a scuola ma continua anche a casa con i compiti da correggere e le lezioni da preparare. Poi ci sono i corsi di aggiornamento, quandi corsi di aggiornamento sono stata obbligata a fare sulla lavagna luminosa , ad esempio ..e non ho mai avuto una lavagna luminosa in classe . Ma poi ci sono gli incontri con psicologi e pedagogisti , a secondo dei problemi che i bambini possono avere. I lavori differenziati da preparare e un mare di scartoffie da compilare , più i collegi docenti i consigli di interclasse i colloqui con i genitori... insomma : pensateci bene , prima di fare gli insegnanti. Saluti.

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  11. Da prof (per vocazione) ti dico che insegnare è un lavoro impegnativo e complicato, che ti costringe ad essere insieme docente/psicologo /burocrate/genitore/diplomatico/infermiere (se necessario) e che, quindi, non può essere improvvisato. Le relazioni con gli studenti (e coi genitori, soprattutto) sono ogni anno sempre più difficili e devi avere doti eccezionali per barcamenarti fra loro e la burocrazia scolastica. Taccio sulle domeniche trascorse in casa a correggere e programmare, ma se si pensa che ad insegnare siamo bravi tutti si sbaglia di grosso. E sventurati gli alunni di tali improvvisatori...

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  12. E' un bellissimo mestiere . Sei a contatto coi giovani. Anche con le famiglie che forse, in sede di colloqui, possono risultare un po' rompiballe. Avessi fatto io l'insegnante anziché il bancario! La gente quando è a contatto col denaro tira sempre fuori i suoi lati peggiori. Per fortuna le mie figlie sono indirizzate entrambe a insegnar materie letterarie. Meno male, credo. Un salutone e a presto.

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  13. Mi sarebbe piaciuto insegnare, ma è un desiderio mai realizzato, ne sento la mancanza.

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  14. Fare l'insegnante è una vocazione e non uno sbocco occupazionale.
    Secondo voi Modigliani ha dipinto il nudo disteso, oppure il nudo sdraiato
    per sbarcare il lunario?

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  15. Concordo. Mia madre ha lavorato tutta la vita come insegnante e anche se verso la fine era sempre stanchissima si vedeva che insegnava per passione. È un lavoro duro e il problema non sono solo i ragazzi, ma anche i genitori, i colleghi, il personale amministrativo e un sistema che non funziona, perché la scuola è sempre l'ultima ruota del carro. Mia sorella ha intrapreso la stessa strada perché all'epoca non aveva molte altre opzioni, ma non vede l'ora di cambiare. Io piuttosto mi sparerei. Preferisco lavorare a dei progetti con stipendi inesistenti ma che almeno mi fanno sentire viva. Purtroppo non durerà, già lo so. Appena finisce questa pandemia preparo i bagagli e cerco un'alternativa all'estero.

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  16. Io sono, ahimè non per scelta mia, un insegnante precario alle scuole superiori. Lo faccio da una decina d'anni mentre cerco un'alternativa per abbandonare il mondo della scuola il prima possibile. Non ho mai provato tanta frustrazione in vita mia... e tenete conto che io ho avuto una crisi depressiva a 17 anni che mi ha costretto ad una massiccia cura psichiatrica.
    Insegnare è l'ultima delle mansioni che avrete a scuola: prima ci sono le scartoffie, poi ci sono i progetti (tanti, troppi... con tutto ciò che nessuno vi viene a raccontare intorno ai fondi per alimentarli), poi l'eventuale coordinamento, i rapporti con genitori, sanitari, presidenti di questo e di quello, senza contare il sempre crescente numero di alunni con famiglie disastrate.
    Per avere la ricetta perfetta della professione, tuttavia, dovete aggiungere anche la scarsa considerazione che hanno di voi i genitori, i tutori e gli alunni stessi... insomma, la società intera. Siete, per loro tutti, dei falliti finiti lì perché non sapete farvi strada nel mondo. Nel mondo della scuola stanno bene solamente quelli che hanno la doppia professione, che utilizzano la paghetta statale per gli sfizi, oppure le mogli del dottore, che utilizzano la detta paghetta per acquistare la borsetta griffata e vantarsi col marito di averla acquistata autonomamente.
    Qualche anno fa un paio di alunni di una quinta di liceo classico mi avevano detto di aver l'intenzione di fare lettere all'università. Non ho perso un secondo per pensare al loro bene. "Avete dei sogni nella vostra vita? Avete dei progetti per il futuro?" ho chiesto loro. Alla risposta affermativa ho ribattuto: "Se li avete davvero, non fate lettere, altrimenti fate la mia stessa fine".
    Per quanto riguarda, invece, la pesantezza della professione, mi sento di dover fare distinzioni. Chi ha materie letterarie, purtroppo, ha un carico di lavoro considerevole. Un collega che fa la doppia professione, avvocato penalista full-time e professore part-time, mi ha detto senza tanti giri di parole: "Se non avessi visto con i miei occhi i docenti di lettere dalla parte giusta della cattedra, non avrei mai creduto di dover confessare che io, da avvocato, non riuscirei a parlare per 6 ore filate in un'aula di tribunale". Ovviamente, io lo faccio eccome... per una paghettina mensile che viene ridicolizzata anzitutto dai miei stessi alunni. Questo è fare l'insegnante: prego.

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    1. Anche io come te per vari motivi (ho lavorato pochi anni per motivi familiari per cui anche se ho esperienze anche se brevi nel settore lavorativo che amo, segretaria, non riesco a trovare lavoro e non sono tanto giovane per cui è difficile per me trovarlo) mi sono iscritta alle graduatorie e finora ho avuto due supplenze brevi. Lo faccio per necessità non per vocazione sperando nel frattempo di trovare il lavoro che mi è sempre piaciuto svolgere (nonostante appunto poca esperienza) magari con qualche corso di formazione. Ormai preferiscono i giovani (che per carità hanno il sacrosanto diritto di lavorare) o persone con anni e anni di esperienza e che devono saper fare tutto (a me mancano delle competenze per incarichi che vengono spesso richiesti e che potrei benissimo acquisire mentre lavoro ma nei posti in cui ho lavorato nessuno si è mai preso la briga di insegnarmeli nonostante potessero essermi utili per continuare anche altrove) per cui io sono buttata fuori dal mondo del lavoro o devo accontentarmi di lavori mal pagati più adatti a studenti che vogliono mettere soldi da parte. Insomma sto in una specie di limbo sperando che la ruota giri e possa finalmente ricominciare a svolgere il lavoro che amo. Ora sono alla seconda supplenza breve e già sono stufa. Pensavo che magari insegnando mi venisse l'amore per questo lavoro ma non mi viene. È più un lavoro di ripiego e necessità. E non ne sono orgogliosa.

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  17. Io credo che fra qualche anno non ci saranno più docenti ma perché devi studiare come un forsennato per poi sentirti giudicato bravo o incapace da genitori che non si sanno comportare come tali. E da figli che ovviamente sentendo i genitori che sminuiscono l'insegnante non lo rispetteranno. Purtroppo a livello sociale l'insegnante non gode più né del rispetto né della fiducia di prima. Quando sento parlare di vocazione mi viene un conato di vomito, non stiamo parlando di religiosi parliamo di persone, di lavoratori.

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    1. Certo, ma ci sono professioni che necessitano secondo me quel qualcosa in più che può essere paragonato alla vocazione. Insomma, un dottore a cui fa impressione il sangue e si schifa dei malati è un lavoratore, ma non sarà mai un buon medico

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    2. Grazie per il cortese riscontro, Meg.

      Ti posso assicurare che ci saranno sempre persone che vorranno fare l'insegnante. Ho visto cose davvero bizzarre nel mondo della scuola, ma pur sempre normali quando si tratta di pubblica amministrazione: è una corsa al posto di lavoro statale assurda.
      Molte persone di cui taccio l'area geografica di provenienza spendevano addirittura decine e decine di migliaia di euro per dei master solamente per avere maggiori punti in graduatoria ed assicurarsi il posto. Ora, io, da supplente temporaneo, prendo dai 16.000 ai 19.000 euro all'anno circa: mi spiegate a cosa serve spendere cifre di denaro assurde (anche 2, 3 volte quanto si prende all'anno) per assicurarsi un posto di lavoro che dà, in cambio, una miseria simile? Capisco se tali master dovessero aprire la strada per la carriera come manager in una multinazionale con stipendio annuale di centinaia di migliaia di euro... ma, per circa 19.000 (quando va bene, perché non è detto che si riesca a prendere un 31/08), mi spiegate, di grazia, il perché di tanta solerzia?

      Per quanto riguarda la vocazione intesa da Icaro: io non sono certo un docente con vocazione, anzi, tutto l'opposto. Addirittura, io non riesco più a tollerare il minimo brusio quasi impercettibile da quanto questo lavoro maledetto mi carica di stress. Tuttavia, ho una deontologia lavorativa. Sono un pessimo insegnante perché non ho la vocazione? Certamente... ma, allora, come mi spiegate le menzioni del mio nome nei ringraziamenti delle varie tesi di laurea di molti ex studenti? Devo proprio averli rovinati, eh?! Ah, se solo avessi avuto la vocazione...

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    3. Mi permetto di ribattere sul senso della parola vocazione che sembra averti dato molto fastidio. Se ancora ti ricordano dopo anni nelle loro tesi, mi dispiace dirtelo ma è facile che tu la vocazione (come la intendo io) ce l'abbia. E non ti offendere.

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    4. Chiedo perdono per il ritardo nella risposta, ma sono stato assediato dagli impegni dal mio ultimo intervento.

      Rispondo senza suscitare polemiche, in quanto non è mia intenzione: non penso si tratti di vocazione, credo, piuttosto, che sia semplicemente deontologia lavorativa e volontà di dimostrare all'esterno che non è vero che non facciamo niente dalla mattina alla sera.

      La vocazione è ben altra cosa e, credetemi, io rispetto molto chi ce l'ha. Tuttavia, sono anche affranto per la loro condizione: se la scuola mi delude, se gli studenti non rispondono positivamente agli stimoli, non ne faccio un dramma e proseguo senza grossi problemi. Al contrario, chi ha la vocazione e crede fermamente in ciò che fa, che si sente come innamorato del proprio lavoro e della funzione sociale che ricopre, beh, tutto ciò ha un peso ben diverso. Come dico sempre, ringrazio il Cielo di avermi fatto nascere senza vocazione: davanti alla perpetua delusione dell'intero sistema scuola, io cado da un'altezza minore rispetto a chi ha la vocazione. Di conseguenza, mi faccio anche meno male. Altrimenti, sarei già in esaurimento nervoso da molto tempo.

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  18. Per tornare alla metafora del medico, puoi non essere il medico che si perde in parole di consolazione o attenzioni molto personali, ma essere un medico che visita il paziente, magari infastidito dal suo lamentare i sintomi, ma che senza proferire parola gli prescrive un farmaco che lo curerà. Questo vuol dire che in un modo o nell'altro c'è stato messo il giusto impegno. Di certo alcuno prof che mettono a ruota i video di YouTube per farli stare zitti mentre loro fanno altro non saranno citati in nessuna tesi

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    1. Sono completamente d'accordo: il giusto impegno è il cosiddetto minimo sindacale. Una deontologia professionale decente lo richiede senza grandi patemi esistenziali.

      Perdere la voce per continuare a spiegare ogni mattina in mezzo al caos non è figlio della vocazione: trattasi di compimento del proprio dovere.

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  19. Io lo faccio ma adesso sogno di godermi il buono vacanza bressanone www.buonoaltoadige.com

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