Passa ai contenuti principali

Il verme solitario del disoccupato

Si chattava giusto qualche giorno fa con Federica. E fra una cosa e l'altra siamo giunte alla conclusione che la disoccupazione fa male alla linea. Cosa peraltro confermabile anche da Lui, che col il nuovo lavoro, dopo dei bei mesi a casa, ha ritrovato una linea asciutta a suo dire mai avuta (difatti non ha mai avuto prima un contratto a tempo indeterminato).
Anche io in questi mesi ho messo su dei bei chilozzi, e ne vado proprio fiera. Perché era essere diversamente occupata, con mille lavori e pochi euro in tasca, a farmi male. Mangiavo male, a orari sballati, a volte addentavo qualcosa in macchina mentre mi spostavo da un lavoro all'altro... E la stanchezza e il nervosismo finivano l'opera. Ero parecchio sottopeso.
Lo ero talmente tanto che durante la prima stagione al vilalggio, nonostante l'ansia da nuovo lavoro, la fatica, il caldo spaventoso e gli orari strani della mensa aziendale (io non sono sceglina, quindi ci mangiavo senza problemi) sono stata l'unica a prendere peso, mentre tutte erano felici di dimagrire. Semplicemente perché ero più serena degli anni passati.

E allora mi sento di condividere un pensiero: se vi toglie il tempo (e la voglia) anche di  mangiare non è un lavoro ma una delle nuove forme di sfruttamento che ci hanno costretto ad accettare e ce le vogliono fare passare pure per normali.
I bisogni umani dovrebbero essere sacri e pertanto intoccabili. Mangiare, dormire e sì, anche avere del tempo libero da passare con persone a cui si vuol bene non dovrebbero mai essere messi da parte per un lavoro, men che meno se è una roba sottopagata.

La mia lezioncina di oggi si può riassumere cosi: il lavoro non dovrebbe mai privarci di qualcosa. Dovrebbe solo renderci più ricchi e non solo economicamente.

Solo una domanda: in attesa di riprendere a lavorare, come lo chiamo il verme solitario che sta crescendo dentro di me?!

Commenti

  1. Bè, io una volta ho fatto un mese in Amazon, nei magazzini, si voleva verificare se lo sfruttamento e le leggende che andavano in giro fossero veritiere; diciamo che in quel mese sono dimagrita circa 5 chili... Da lagher, in tutti i sensi, ed io avevo veramente assunto le fattezze di una deportata :P
    "Verme solitario del disoccupato" è il top! :D

    RispondiElimina
  2. Cara Icaro, quello che auspichi spero si possa realizzare, il lavoro dovrebbe essere un mezzo e non un fine. Buon pomeriggio.
    sinforosa

    RispondiElimina
  3. Ma soprattutto il tempo libero, quello non deve mancare. Se pure prendi 3mila euro e non hai un minuto per te, non è un buon lavoro.
    BUON APPETITO **

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Parole sante. Anche se poi la percezione è diversa: c'è chi sa solo lavorare e senza è perso, ma per me il tempo libero è sacro.

      Elimina
  4. Sono d'accordo con le tue conclusioni, il lavoro dovrebbe arricchirci economicamente e moralmente. Saluti.

    RispondiElimina
  5. se penso a quando mangiavo in auto ai semafori... ora tiro un sospiro di sollievo!
    Una grossa parentesi si potrebbe aprire sull'alimentazione a base di pasta e patate in ogni forma che invece regna sovrana in colonia, ma non voglio ancora pensarci!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La scorsa estate anche da me le patate erano il piatto base! 🙃 Speriamo bene quest'anno.

      Pensa a me, non ho nemmeno un semaforo nei tratti di strada dei miei ex lavori.

      Elimina
  6. ....c è anche la fame nervosa che poi dipende se è dovuta al lavoro o al non lavoro!!!

    RispondiElimina
  7. Io sto leggendo un libro in cui si asserisce che si ingrassa per colpa degli altri. I colleghi!

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Gli strati della lasagna

Ho letto in diverse recensioni che Coliandro piace perché è uno di noi . Indubbiamente, con quell'aria da eterno sfigato, è molto più umano e "reale" di tanti poliziotti eroi che si vedono in tv. Non è difficile, come avevo già scritto, ritrovare un po' della nostra vita nella sfortuna e nella voglia di rivalsa coliandresche. Soprattutto se si è diversamente occupati. In fondo anche Coliandro lo è. In questa serie oltretutto ha fatto pochissime cazzate, ha preso pure un encomio, eppure è ancora relegato a tappare buchi negli uffici più sfigati del commissariato. Certo, è pur sempre una fiction e i Manetti Bros non sono i soliti registi che costruiscono una storiella così, già vista e sentita, scontata e piatta. I Manetti Bros hanno dei picchi di genialità unici. Roba trashissima. A volte i loro cattivi sono talmente malvagi e sopra le righe da risultare quasi caricature pulp. Ricordo un dj Francesco tossicomane e psicopatico che ciao. Nell'ultima puntata andata