Passa ai contenuti principali

Io me ne andrei.

Mai sottovalutare l'effetto delle parole "mi licenzio".

Ho provato più volte. Hanno reagito come se avessi detto "sono la reincarnazione di Satana", appiccando un incendio con lo sguardo. Che poi è la stessa reazione di quando una donna dice di non voler figli.

Il passaggio successivo è argomentare sul perché e il per come lasciare quel meraviglioso lavoro sia sbagliatissimo. E te lo dicono con uno sdegno che pare tu stia rinunciando a un lavoro da almeno 2000€ al mese, con bonus, trasferte ai Caraibi pagate e sedia ergonomica con massaggio incorporato.

Occhi sgranati, bocca inarcata, vocali allungate per enfatizzare la repulsione che hanno verso di te che rifiuti la loro fantastica OPPORTUNITÀ. "Ma cooome, ti vuoi licenziaaaare davveeeroooo?!".


Come se non fosse possibile voler provare a cambiare in meglio.
Come se non fosse possibile chiedere al proprio lavoro più soldi, più certezza, più tranquillità, più... qualsiasi cosa manchi al vostro lavoro.

Ed è vero che siamo in un momento (che ormai dura ANNI) in cui il lavoro manca e chi ne ha un misero straccio deve comunque ringraziare. Ma è veramente giusto accontentarsi sempre e buttare giù bocconi amari?

Per esperienza: NO. Ci sono limiti che per la propria dignità non dobbiamo superare. E poi, non si sa mai dopo che cosa succederà!


Fonte
 ciucciafuffa

Commenti

  1. L'anno scorso, verso febbraio, in un momento piuttosto cupo decisi di rassegnare le dimissioni.
    Colleghi e superiori organizzarono in tempo record un party fantastico, con tanto di spettacolo pirotecnico, ballerine di lap dance e alcol a fiumi.
    I festeggiamenti durarono un paio di giorni, fino a quando decisi di ritirare le mie dimissioni.
    Se stavo sulle palle prima, immagina ora :-)

    E comunque concordo: essendo entrato nel mondo del lavoro il secolo scorso, una volta era molto più facile cambiare, sia per trovare di meglio che anche solo per provare qualcosa di nuovo.

    RispondiElimina
  2. Tu sai come comportarti!l'opinione degli altri mi pare che mai come in questo caso, sia parziale!

    RispondiElimina
  3. A volte servono le palle di fare un bel salto nel vuoto e osare. Non conosco la situazione nei dettagli, ma penso che tu abbia fatto un piccolo passo verso un miglioramento. Nella vita ottiene chi ha il coraggio di osare. Okay, la frase è fatta ed è tremenda ma è tanto, tanto, tanto vera...

    RispondiElimina
  4. l'immagine mi ha fatto morire dal ridere :)

    RispondiElimina
  5. Un post che avrei potuto scrivere io.
    O forse l'ho già scritto qualche tempo fa.

    No, non sembra comprensibile a nessuno la scelta di voler lasciare (o scappare da?) un posto solo perché ti permette di sopravvivere ma che ti rende una persona sofferente, frustrata, vuota e insignificante.

    RispondiElimina
  6. ... ma l'asticella del limite varia da individuo a individuo ...

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado