Francamente questa cosa della discriminazione di genere mi ha fatto venire un paio di coglioni che potrei tranquillamente fare domanda per il cambio di sesso all'anagrafe.
Mi da la nausea veder martoriata la lingua italiana in nome di una uguaglianza che fra l'altro palesemente non si ottiene mettendo una A in fondo alle parole. SindacA. MinistrA. La cosa che però più mi da i brividi, come quando la forchetta stride nel piatto, è il ciao a tutt*. Con l'asterisco. Perché la grammatica italiana è così talmente maschilista che scrivere tutti, con la I, farebbe un torto imperdonabile alle donne.
La Isoardi che stira le camicie il venerdì è stata la notizia clou dei giorni scorsi. Tralasciando che secondo me da criticare non è l'atto in sé, ma piuttosto a chi le stira, non ho veramente capito l'accanimento di tante "femministe". Alla fine tante di noi magari arrivano al venerdì con una cofana di panni da stirare e si danno da fare. Ma mica solo per prostrarsi ai piedi dell'uomo. Magari tocca stirarsi anche le proprie, di camicie. E che male c'è?!
Dovremmo prendercela non perché il plurale prevede una vocale maschile, ma perché quando denunciamo i nostri aguzzini non viene fatto nulla e si aspetta che siamo morte per compiangerci. O, senza arrivare al dramma, per esempio perché sul lavoro a parità di impiego, l'uomo guadagna di più.
Ma mi fa ancora più rabbia una cosa. Troppo spesso il nemico delle donne sono proprio le donne, ma in pochi lo riconoscono. Basta parlare con donne che lavorano in uffici o in generale ambienti lavorativi tutti al femminile. Solitamente si sentono racconti di cattiverie da far rabbrividire il peggior sociopatico. E non vogliamo forse parlare di quelle donne (sì, proprio loro) che discriminano le altre donne in quanto fortunate proprietarie di un utero? So di più di una ragazza in età fertile scartata dal lavoro perché "poi ci vai in maternità".
E tutte quelle che si svendono per far carriera?!?
E non mi commentate che sono gli uomini. Perché per ogni uomo che la prende, c'è per forza di cose una donna che gliela da.
Mi da la nausea veder martoriata la lingua italiana in nome di una uguaglianza che fra l'altro palesemente non si ottiene mettendo una A in fondo alle parole. SindacA. MinistrA. La cosa che però più mi da i brividi, come quando la forchetta stride nel piatto, è il ciao a tutt*. Con l'asterisco. Perché la grammatica italiana è così talmente maschilista che scrivere tutti, con la I, farebbe un torto imperdonabile alle donne.
La Isoardi che stira le camicie il venerdì è stata la notizia clou dei giorni scorsi. Tralasciando che secondo me da criticare non è l'atto in sé, ma piuttosto a chi le stira, non ho veramente capito l'accanimento di tante "femministe". Alla fine tante di noi magari arrivano al venerdì con una cofana di panni da stirare e si danno da fare. Ma mica solo per prostrarsi ai piedi dell'uomo. Magari tocca stirarsi anche le proprie, di camicie. E che male c'è?!
Trovo tutti questi dettagli delle gran bischerate, come si dice da noi.
Dovremmo prendercela non perché il plurale prevede una vocale maschile, ma perché quando denunciamo i nostri aguzzini non viene fatto nulla e si aspetta che siamo morte per compiangerci. O, senza arrivare al dramma, per esempio perché sul lavoro a parità di impiego, l'uomo guadagna di più.
Ma mi fa ancora più rabbia una cosa. Troppo spesso il nemico delle donne sono proprio le donne, ma in pochi lo riconoscono. Basta parlare con donne che lavorano in uffici o in generale ambienti lavorativi tutti al femminile. Solitamente si sentono racconti di cattiverie da far rabbrividire il peggior sociopatico. E non vogliamo forse parlare di quelle donne (sì, proprio loro) che discriminano le altre donne in quanto fortunate proprietarie di un utero? So di più di una ragazza in età fertile scartata dal lavoro perché "poi ci vai in maternità".
E tutte quelle che si svendono per far carriera?!?
E non mi commentate che sono gli uomini. Perché per ogni uomo che la prende, c'è per forza di cose una donna che gliela da.
Io credo che una "o" o una "a", contino poco. Quello che conta è quello che le donne devono subire, quello che conta è che chi denuncia non viene ascoltata, sono le discriminazioni lavorative...queste sono le cose importanti. Buon week end.
RispondiEliminaIl femminismo ha perso ormai il suo significato.
RispondiEliminaDietro questo termine tantissime donne giustificano prese di posizione che nulla hanno a che fare con il rispetto e l'orgoglio di essere donna.
E, come dici tu, ormai son più le donne ad odiare le altre donne che non gli uomini; c'è un continuo e costante accusarsi a vicenda, con una cattiveria e una perfidia da fare ribrezzo.
Vedi per esempio tutte quelle donne che han dato della zoccola al personaggio famoso (femminile) del momento, o a tutte quelle donne che han augurato morte e quant'altro alla donna politica di turno.
Questo non è nè libertà di parola o femminismo; è solo rabbia e frustrazione scaricata sul primo bersaglio trovato!
io mi sono chiesta: "ma con tutti i soldi che hanno... le camicie non le porta in lavanderia?"
RispondiEliminaE poi mi sono soffermata sul cattivo gusto di quei ninnoli che hanno in casa.
Sulla questione femminismo secondo me è davvero molto complesso: sicuramente se riuscissimo a far fronte comune saremmo molto più forti, ma èè davvero molto difficile.
quanta strada abbiamo ancora da fare!
Ora, a parte l'inequivocabile bruttezza delle parole "femminizzate" a forza, mi viene in mente che sono donne le autrici delle peggiori parole e azioni delle quali sono stata vittima o semplice spettatrice. A noi donne pare manchi proprio solidarietà e comprensione! Come se per essere "brave donne" bisognasse essere caste, pudiche, mogli trofeo e farsi rimirare dal compagno senza alzare un dito per lui.
RispondiEliminaChe poi (e parlo io che Salvini proprio non lo sopporto), cosa dice a queste vipere che magari non sia stato lui, ad esempio, ad aver cucinato la cena e lavato i piatti?
... e che dire della pubblicità occulta alla Rowenta ...
RispondiEliminaQuesto post potrei averlo scritto io!
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