Passa ai contenuti principali

Post

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!
Post recenti

Stessa scuola, stesso mare

 La cosa che mi diverte del lavoro da bidella è osservare la scuola da un inaspettato punto di vista, dopo averla lasciata, ormai secoli fa, da studente. Al di là del mero gossip (che comunque mi piace eh) su quale ragazzino di terza si sia preso la cotta per quella di prima tanto carina oppure se il prof X ha fatto una nuova scenata ai consigli di classe, il vero lato interessante è apprezzare quelle sfumature che sono l'ambiente scolastico può offrire. In fin dei conti da una scuola ci siamo passati tutti e abbiamo dei ricordi particolari, più o meno belli, su professori, compagni o magari proprio sui bidelli.  Oggi mentre passavo nel corridoio ho sentito una prof che sgridava i ragazzi. Lei è la più giovane fra i docenti, credo che sia al primo incarico, e a vederla sembra quasi una studentessa delle superiori. Le ho sentito urlare "ma vi sembra di essere al mare?". Mi ha fatto sorridere. Quante volte ho sentito questa frase dalle mie insegnanti! Da quando indossavo il

Di già? Ancora?

  Il lavoro, volenti o nolenti, scandisce il nostro tempo. Ora credo più che mai, visto che non ci sono più le gite o domenicali o l'uscita al pub a ricordarci che un'altra settimana è passata.  Quando non si ha il lavoro uno degli aspetti più brutti, almeno secondo me, è proprio non avere più dei riferimenti temporali e subire delle giornate tutte uguali.  Invece quando sei mooolto diversamente occupata e fai anche 3 lavori in uno stesso giorno il tempo non è mai abbastanza: è poco per lavorare, per dormire, per mangiare. Ma non è scandito da una regolarità, è tutta una corsa frenetica per arrivare puntuale in un posto, consegnare un progetto, partecipare a un incontro. Insomma, la percezione del tempo dipende molto anche da come si vive il lavoro. Io che ormai faccio un lavoro che ha orari precisi sono comunque vincolata alla parte emotiva, se così si può definire. Da settembre mi sono ritrovata in un soffio già a gennaio. Sono stati mesi di apprensione dovuta al mio rientro

L'improbabile.

 Ieri era San Valentino. Pure di domenica. Mi sono vestita di tutto punto perché avevo un appuntamento importante. Non galante, ma allo stesso modo eccitante. A ricevere il vaccino mi sono sentita parte della storia, dell'inizio della fine di questo incubo in cui viviamo ormai da un anno. Quando sono tornata a casa ero presa dalla frenesia di raccontare come era andata, ed è stato lì che ho letto distrattamente che non ci sei più.  Mi è mancato il fiato, come se fosse scomparso un caro amico. Quello che ti strappa il sorriso e ti fa venire voglia di metterti a ballare anche quando non ti va. Sembra una banalità da dire ma è stato strano vederti andare via proprio il giorno in cui si celebra l'amore, tu che l'avevi cantato e predicato in modo così poetico e originale.  Non è da me: è da ieri che non riesco a smettere di pensarti e di piangerti. E anche se la mia mente rifiuta l'idea di doverti salutare per sempre, so già che non sarà mai più estate senza poter cercare un

Di fiumi lontani e cadaveri in passaggio

Quando, piene di speranze, me ne sono tornata al mio paesello dopo anni fuori regione per studio e lavoro, mi sono imbattuta in una realtà associativa che idealmente rispondeva alle mie esigenze lavorative, sociali e di valori. C'erano delle persone giovani che potevano diventare anche amiche, dei progetti e delle idee da sviluppare e un filo conduttore di ideali che condividevo a pieno. Se adesso sono finita a fare la bidella potete intuire che qualcosa deve essere andato storto. Questa parte "oscura" della mia vita lavorativa ha tirato fuori il lato rancoroso di me e non mi è piaciuto per niente. Ma è stato inevitabile per il modo in cui sono stata ripagata del tanto impegno. Mi sono data spesso la colpa da sola per aver permesso loro di mettermi malamente i piedi in testa in cambio di promesse di lavoro. Ma poi rifaceva capo il rancore, ed essendo da sempre fautrice della teoria che chi la fa prima o poi deve aspettarsela, mi sono seduta in riva al fiume ad aspettare i

Storia di R.

Ho conosciuto R. alle superiori: non era il classico studente modello, ma era molto intelligente. Sapete quelli di cui i prof dicono "è bravo ma potrebbe fare di più"?. Ecco, R. era così perché preso da altro. Magari non ti faceva l'analisi del testo della poesia a pagina 46 ma ti leggeva 3 romanzi extra scolastici in una settimana.  Si è diplomato con il massimo dei voti e si è iscritto a una facoltà che ai tempi era emergente e "di moda" con la promessa di un lavoro sicuro dopo la laurea. Ha annusato che non sarebbe stato così molto presto e si è dato da fare perché "se magari si fosse laureato prima degli altri e si fosse specializzato con un master"...  Alla fine da superspecializzato, ingannato da chi lo doveva formare per un futuro radioso, è finito a fare il commesso-magazziniere. Alle (poche)  di classe l'ho visto cambiare tanto. Anche fisicamente, dallo stare sui libri e bersi birrini uno dietro l'altro a spostare chili e chili di merc

Tiktok

 Una cosa che uso dire, fra il serio e il faceto, è che facendo il mio vero lavoro (la psicologa) non avrei mai avuto la possibilità di conoscere così da vicino la psiche umana come mi è capitato lavorando al pubblico e adesso nelle scuole.  Quando lavoravo al villaggio, essendo un posto per famiglie, mi è capitato spesso di osservare abitudini e atteggiamenti di bambini e ragazzini. Ai tempi andava di moda una certa mossa di fortnite . Io non capivo: vedevo questi ragazzetti in gruppo, da soli, in fila per prendere il gelato, a bordo piscina, ovunque insomma, di punto in bianco sculettare e agitare le braccia. La prima volta ho pensato a qualche puntura di insetto. La seconda che fosse uno di quei giorni in cui le mosche sono parecchio appiccicose. Ma poi ho iniziato a farmi delle domande sul perché quei bambini sembrassero tarantolati. Per fortuna i tanti anni di studio hanno fruttato e sono riuscita a comprendere che era solo la moda di questo gioco. Il mio ruolo di osservatrice sil