Passa ai contenuti principali

Pregiudizi duri a morire

Nel lavoro dei miei sogni potevano starci benissimo studi psicosociali di osservazione e analisi di comportamenti e atteggiamenti. Purtroppo sono da anni pagata (solitamente poco) per fare altro, ma come studi sociali modestamente darei del filo da torcere a diversi ricercatori.

Uno di questi potrebbe riguardare il pregiudizio e di come sia duro a morire anche di fronte a dati certi che dimostrano il contrario. La nostra mente infatti seleziona  dall'esterno solo le informazioni che ci confermano l'idea che ci siamo fatti di una certa realtà, mentre fatica a "vedere" qualcosa che va contro quel pensiero.

Commentando, fra i vari reparti dove lavoro, la crisi palpabile che si respira, abbiamo tutti notato un cambiamento del tipo di cliente rispetto agli scorsi anni. Un tipo di cliente maleducato, tirchio e arrogante che non compra nulla ma rompe fortemente i coglioni. Ed è subito "è che ci sono più italiani, sono loro che sono i peggiori". LORO. Come se noi al lavoro fossimo di una nazionalità indefinita.

Ma soprattutto...



Come se non esistessero stranieri con 5 o 6 figli i quali, noncuranti della fila dietro che sta arrivando più o meno al loro paese nordico di origine, ci mettono da 10 ai 45 minuti cadauno per scegliere un gelato, punzecchiati dai genitori che mettono loro il fatal dubbio: ma non vuoi provare questo? (Sì brutti stronzi, capisco la vostra lingua e vi odio quando fate così).

Come se non esistessero stranieri che mandano gli stessi 5 o 6 figli a briglia sciolta a urlare contro il personale in una lingua incomprensibile, a toccare tutto, a sporcare i negozi e la merce.

Come se non esistessero stranieri che passano davanti agli altri in fila, non chiedono scusa, non salutano e non ringraziano.

Come se non esistessero stranieri che "ci provano", magari a scroccare un drink, a chiedere uno sconto, a dire "me l'hai venduto rotto" quando sono 15 giorni che lo usano e vogliono indietro i soldi perché in Olanda il gonfiabile a forma di unicorno (e grande quanto l'Olanda) non è che sia loro molto utile.

Come se non esistessero stranieri che sfottono  con arroganza le nostre regole e le nostre leggi e se ne vorrebbero fare beffa. Quelli sì che mi fanno rabbia, perché poi magari prendono pure in giro il popolo italiano per quella nomea che ci siamo fatti sul prendere le regole un po' alla leggera.

Insomma, in conclusione, la verità è quella che forse nessuno vuol sentire e che va oltre ad ogni pregiudizio. Bianchi, neri, gialli, popoli del nord, del sud... Facciamo tutto un po' cagare.

Commenti

  1. Mi rincresce che l'abitudine di allevare piccoli selvaggi sia sempre più diffusa!

    RispondiElimina
  2. Dici bene. La maleducazione non ha colore, né età.
    Purtroppo.

    RispondiElimina
  3. Concordo.
    Il problema è che siamo troppo ciechi per capirlo (o semplicemente preferiamo lodarci\criticarci a seconda dell'occasione e del vantaggio).

    RispondiElimina
  4. Mi stanno sul culo tutti. Nazionalità a prescindere!

    Che ne dici?

    RispondiElimina
  5. La maleducazione regna ovunque si vada ....non è solo italiana !!!

    RispondiElimina
  6. Come si dice dalle mie parti: "Ammazza, ammazza è tutta una razza".
    La "razza" umana.

    RispondiElimina
  7. Pensavo di aver postato un commento, probabilmente ho cliccato chissà cosa. Dicevo che ne vedremo delle belle, ma ne vedranno delle belle soprattutto “quei” genitori che non si sforzano di fare la fatica di educare, di qualunque colore o nazionalità siano. Buona serata.
    sinforosa

    RispondiElimina
  8. C'è un dilagare di comportamenti a dire poco volgari un misto d'arroganza e presunzione in particolare nel lavorare con il pubblico, il cliente è il re posso essere d'accordo ma deve comportarsi con un educazione tale e non da scaricatore di porto. Chiedendo scusa ovviamente ai scaricatori di porto per tale paragone.

    RispondiElimina
  9. Gli olandesi sono dei tamarri incredibili.
    Però sono fighi...
    Le grigliate dei surfisti olandesi sul lago bastavano a perdonare.

    La mia cagata l'ho detta.
    Chiedo scusa e mi ritiro in buon ordine ;-)

    RispondiElimina
  10. Una volta ho letto da qualche parte che l'occhio vede solo ciò che già conosce e che dunque "riconosce". Vale certamente anche per il pregiudizio.

    RispondiElimina
  11. Ormai non faccio piu' distinzione pure io.
    Personalmente i clienti peggiori del cinema sono quelli delle varie scuole americane in città. Studenti di tutto il mondo che è meglio perderli che trovarli.
    La mia compagna invece che lavora nel settore alberghiero extralusso quando sa che arrivano famiglie arabe, malesi, filippine sa già che si troverà stanze e appartamenti ridotti in pessimo stato.

    RispondiElimina
  12. I razzisti anti, quei sinistranti liberal-progressisti, sono talmente cretini e razzisti che pensano che le masse alloctone siano superiori e migliori e vorrebbero sostituire le nostrane con quelle.
    Dato il livello di stupidita# del tutto inutile che leggano pagine come queste che non cambierebbe di una virgola la loro fede masosadica.

    RispondiElimina
  13. dove starebbe scritto che uno straniero deve essere più civile di un italiano?

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado