Passa ai contenuti principali

M***a a tempo indeterminato

Fra chi mi legge ci sono almeno un paio di persone che hanno abbandonato il lavoro a tempo indeterminato e, dalle loro parole, ho capito che avevano le loro buonissime ragioni per farlo. Certo è che il famigerato posto fisso è, per chi è da sempre diversamente occupata come me, una chimera, una sorta di sogno proibito e che sentire che qualcuno lo lascia per l'incertezza della disoccupazione o del precariato lascia quanto meno perplessi.
Però ricordo anche che, fra i tanti studi citati in psicologia sociale, ce n'erano diversi che dimostravano che la soddisfazione economica viene sempre al secondo posto rispetto alla soddisfazione personale nel valutare un posto di lavoro. Certo, studi ormai vecchi, pensando a quanto il mercato stia velocemente cambiando in peggio. Però è certo che il benessere personale, fisico e mentale, deve venire prima di tutto, anche di uno stramaledetto contratto di lavoro.

Tutto questo per dirvi che qualche giorno fa ho letto di una selezione per un lavoro a tempo indeterminato. Le informazioni erano poche ma sufficienti per capire che era un lavoro che non mi piace.

Il consiglio di sopravvivenza al lavoro questa settimana ce lo lascia mia mamma, la stessa che ha sempre insistito perché provassi qualunque lavoro, perché non si sa mai, perché metti caso conosci qualcuno che può tornare comodo per un altro lavoro, perche meglio che stare a casa...
Stavolta invece ai miei tentennamenti sul provare o meno la selezione ha risposto così: "vabbè che il contratto è a tempo indeterminato, ma di lavori di merda ne hai fatti tanti e la vita è una, vuoi costringerti a un lavoro in cui stai male per l'unica vita che hai?"

Commenti

  1. E' proprio vero!
    Qualche settimana fa sono passata a salutare i vecchi colleghi e ho pensato la stessa cosa quando qualcuno mi ha chiesto se mi fosse venuta la nostalgia!

    RispondiElimina
  2. Purtroppo ci sono lavori davvero terribili e a chi è costretto a svolgerli perché non ha alternative va tutta la mia ammirazione e rispetto, tuttavia se si può evitarli è meglio. Tema davvero scottante il lavoro. Buona serata.
    sinforosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quello a cui mi riferisco non era cosi tremendo... Ma lo sarebbe stato per me perchè non mi piacerebbe per nulla, non mi sento portata. Mi attirava solo l'idea del contratto.

      Elimina
  3. Hai fatto benissimo, che lo facessero gli altri, un lavoro per sempre che ti fa star male...!!

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Magari altri che ci sono portati! Ognuno ha le sue inclinazioni!

      Elimina
  4. Sono una di quelle due o tre tue lettrici che hanno lasciato un lavoro a tempo indeterminato perché la scelta era tra continuare a morire lì dentro o suicidarmi all'istante. Sono uscita da lì perché fare un lavoro che ti distrugge non ti fa vivere.
    Condivido il tuo approccio e le tue considerazioni finali.

    P.S. Hai cambiato look al blog?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì ricordavo che avevi lasciato il lavoro... Ti fischiavano le orecchie quando sei venuta a leggere vero? 😉 Ho rifatto il look al blog perche inspiegabilmente non faceva piu aprire i link dei post. L'unica soluzione che ho trovato è questa.

      Elimina
  5. Mio fratello ha un lavoro a tempo indeterminato, però dice che è proprio un lavoro da schifo, che però non lascia perchè , a 51 anni, non troverebbe altro. Si è adattato però non è certo contento del lavoro che fa. E' brutto lavorare così ma, a volte, non c'è scelta... Saluti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo hai ragione. Sopra i 30 sei da buttare perchè non ci sono incentivi o altro per favorire l'assunzione. E rimanere con il culo a terra è un dramma
      Mi dispiace per tuo fratello

      Elimina
  6. Come non pensarti oggi...
    Buon primo maggio!

    RispondiElimina
  7. Penso che tutto dipenda dalle condizioni economiche di partenza e dalla predisposizione. Attualmente ho un contratto da stagista in un'azienda che comunque vorrebbe assumermi e penso che lo faccia (ultime parole famose?) Purtroppo quando il lavoro non piace o il clima lavorativo fa schifo la scelta migliore è quella di lasciare (nel momento in cui uno se può permettere ovviamente) perché a lungo andare genera malesseri molto più grandi...

    E buon 1 maggio a noi!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le variabili sono stati infinite... Lasciare un contratto certo è un salto nel buio ma chi sta troppo male è costretto in un qualche modo a lasciare. Pena per prima la salute. In bocca al lupo per l'assunzione!

      Elimina
  8. Penso di essere una di quelle da te citate che ha lasciato il certo per l incerto.....l'importante nella vita è non avere rimpianti, trovo molto giusta la frase finale.... :-)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Meglio che niente faccio l'insegnante.

C'è stato un tempo in cui volevo fare la maestra. Secondo me è in fase da cui un po' tutte passiamo (passavamo, adesso vogliono fare l'estetista e il tatuatore, e lo dico perché mi è successo di leggerlo nei temi). Come la fase del "da grande voglio fare il veterinario". Poi la fase ci passa e io ne sono stata ben lieta perché mi sono resa conto che non avrei la pazienza necessaria. Quando facevo l'educatrice nei doposcuola il lavoro mi piaceva ma c'erano alcuni ragazzetti che me le avrebbero tolte dalle mani e in una classe vera, per più ore al giorno, sarei stata veramente in difficoltà. Tutto questo preambolo per dire che nella mia mente l'insegnante è ancora una professione per cui serve una sorta di vocazione. Un qualcosa di più anche dell'esserci portati. A maggior ragione oggi giorno che queste generazioni di bambini è ragazzi sono sempre più complesse da gestire (perché tale è diventata la società, in fin dei conti). Ecco, pare che sia

Vorrei un gesso e un whisky liscio

A voi capita mai che, in certi momenti particolari, vi succeda qualcosa che vi riporta a una particolare canzone, o addirittura ad un solo suo verso? A me è venuto in mente questo:  " Quello che importa in una persona è l'immagine che dà..." In che occasione? Stamani. Quando uno dei bimbi mi ha chiesto se abitualmente bevo whisky. Devo dire che dopo lo scorso anno dove ho tenuto un profilo piuttosto basso, quest'anno mi sono data di più ai ragazzi diventandone confidente, raccogliendo battute, sfoghi, pianti, risate. E mi sono aperta alle loro curiosità (ma dove abiti? Ma come mai fai la bidella? A te che profumo piace? Veramente ti piace l'insalata di cavolo crudo?). Non mi sono mai chiesta come mi vedessero dai loro occhi. Però tutto mi pensavo fuor che essere passata da grande bevitrice!

Diversamente titolati

Premessa numero 1. Io non ho nessun tipo di pregiudizio legato al titolo di studio: conosco dei laureatissimi e pure masterizzati ignoranti come capre e persone che con un serale hanno fatto una mega carriera nella dirigenza di grosse aziende. Che, fra l'altro, mi hanno raccontato di ingegneri da 110 e lode che non sapevano da che parte rifarsi per svitare un bullone. Ognuno sa fare il suo, lo può avere imparato studiando o lavorando, e ognuno può essere un genio o un caprone, a prescindere. Ma soprattutto (premessa numero 2) io la penso così: Per capirsi, quando ho iniziato a sentirmi stretta nel posto in cui lavoravo, ho preso a cercare QUALSIASI lavoro mi desse la possibilità di non restare a casa disoccupata e mandai CV anche per fare le pulizie. Mi chiamarono con L'UNICA FINALITÀ di chiedermi se ero proprio sicura, perché "hai una laurea". Risposi che certo che ero sicura, che avevo bisogno di lavorare e che NONOSTANTE LA LAUREA ero perfettamente in grado