Prima di raccontare delle occupazioni molto diverse che mi sono ritrovata a fare, occorre una doverosa premessa.
Verso la fine dei miei studi ho capito cosa volevo fare da grande e per troppo tempo ho rincorso questa idea. Io nel valore della progettazione sociale ci credevo. Per un periodo troppo breve ho lavorato anche in un ambiente in cui si poteva usare la L maiuscola per definire il lavoro che si faceva. E non intendo solo come spirito, ma proprio come contratto.
Poi il baratro.
Il fatto è che il problema GIGANTE è a monte. Il sociale è affidato quando va bene a cooperative che fanno dei contratti ridicoli ai propri lavoratori, e quando va male alle associazioni di "volontariato". Ho lavorato a sufficienza per avere dei numeri con valore statistico e lo dico a gran voce. Nel volontariato, il più delle volte, nel migliore dei casi hai a che fare con una serie di dilettanti allo sbaraglio che provano a cimentarsi con attività e servizi che avrebbero bisogno invece di figure professionali ben formate. Ma più spesso ci sono persone che con la faccia davanti si gonfiano d'orgoglio mostrando che "fanno del bene" e di dietro si infilano in tasca i soldi che dovrebbero investire in progetti rivolti a chi ha più bisogno, facendosi rimborsare dall'associazione anche il caffè del bar.
Ho ben presente le parole di Lorenzo Licalzi, nel romanzo Cosa ti aspetti da me?, riassumono in maniera impeccabile quando ho visto e vissuto negli anni.
«Ora che la solidarietà va di moda, schiere di casalinghe insoddisfatte, di pensionate “ancora giovani”, mi tempestano di parole di conforto. Fanno un po’ di volontariato e credono di essersi comprate il Paradiso, di essersi sciacquata la coscienza. Attente signore: se Dio esiste vi legge nel cuore, se lo avete nero due ore di volontariato alla settimana non basteranno a ripulirlo».
Ma sono loro, le pensionate "ancora giovani", ad avere in mano il potere di dare "lavoro" ai giovani in certi ambiti, perché, come dicevo, molti (TROPPI) servizi che dovrebbero essere gestite a livello di enti come scuole, Asl, servizi sociali, sono delegati al "volontariato". Semplicemente perché APPARENTEMENTE costa meno. Certo, se si tralasciano i costi sociali enormi causati per esempio dal far seguire un minore a rischio, invece che da un'esperta educatrice professionale, da una pensionata (che si "accontenta" di essere pagata in rimborsi gonfiati ad hoc) che magari fa lavorare nell'associazione pure sua nipote laureata all'università della vita ("che almeno si leva due sfizi con una simpaticissima sfilza di prestazioni occasionali").
Ecco, questa è la premessa.
Ora chiedetemi perché ho cambiato lavoro.
Verso la fine dei miei studi ho capito cosa volevo fare da grande e per troppo tempo ho rincorso questa idea. Io nel valore della progettazione sociale ci credevo. Per un periodo troppo breve ho lavorato anche in un ambiente in cui si poteva usare la L maiuscola per definire il lavoro che si faceva. E non intendo solo come spirito, ma proprio come contratto.
Poi il baratro.
Il fatto è che il problema GIGANTE è a monte. Il sociale è affidato quando va bene a cooperative che fanno dei contratti ridicoli ai propri lavoratori, e quando va male alle associazioni di "volontariato". Ho lavorato a sufficienza per avere dei numeri con valore statistico e lo dico a gran voce. Nel volontariato, il più delle volte, nel migliore dei casi hai a che fare con una serie di dilettanti allo sbaraglio che provano a cimentarsi con attività e servizi che avrebbero bisogno invece di figure professionali ben formate. Ma più spesso ci sono persone che con la faccia davanti si gonfiano d'orgoglio mostrando che "fanno del bene" e di dietro si infilano in tasca i soldi che dovrebbero investire in progetti rivolti a chi ha più bisogno, facendosi rimborsare dall'associazione anche il caffè del bar.
Ho ben presente le parole di Lorenzo Licalzi, nel romanzo Cosa ti aspetti da me?, riassumono in maniera impeccabile quando ho visto e vissuto negli anni.
«Ora che la solidarietà va di moda, schiere di casalinghe insoddisfatte, di pensionate “ancora giovani”, mi tempestano di parole di conforto. Fanno un po’ di volontariato e credono di essersi comprate il Paradiso, di essersi sciacquata la coscienza. Attente signore: se Dio esiste vi legge nel cuore, se lo avete nero due ore di volontariato alla settimana non basteranno a ripulirlo».
Ma sono loro, le pensionate "ancora giovani", ad avere in mano il potere di dare "lavoro" ai giovani in certi ambiti, perché, come dicevo, molti (TROPPI) servizi che dovrebbero essere gestite a livello di enti come scuole, Asl, servizi sociali, sono delegati al "volontariato". Semplicemente perché APPARENTEMENTE costa meno. Certo, se si tralasciano i costi sociali enormi causati per esempio dal far seguire un minore a rischio, invece che da un'esperta educatrice professionale, da una pensionata (che si "accontenta" di essere pagata in rimborsi gonfiati ad hoc) che magari fa lavorare nell'associazione pure sua nipote laureata all'università della vita ("che almeno si leva due sfizi con una simpaticissima sfilza di prestazioni occasionali").
Ecco, questa è la premessa.
Ora chiedetemi perché ho cambiato lavoro.
Purtroppo la corruzione s’insinua ovunque. Chi fa volontariato dovrebbe farlo con coscienza e onestà, sia in associazioni religiose che laiche, altrimenti diamogli un altro nome. Concordo sul fatto che per ricoprire certi ruoli ci sia bisogno non solo di “diplomi/lauree” ma di predisposizioni attitudinali. Buona serata.
RispondiEliminasinforosa
Ci vorrebbero persone preparare e adatte a lavorare con i soggetti svantaggiati. Ma è sempre un'utopia!
EliminaIo ho lavorato x anni in una cooperativa sociale ma sempre c'era questo ricatto pendente sulla cooperativa da parte di comune e enti che comunque dovessimo anche un po' lavorare gratis. Questa cosa ormai sta esplodendo con tanti servizi che si vorrebbe ormai mettere sulle spalle dei volontari o dei migranti. Probabilmente ho deviato nel discorso....
RispondiEliminaNo, direi che l'hai centrato al 100%!
EliminaHai ragione. E lo dico anche se non ho esperienza diretta, ma credo che , nel campo del sociale, servano persone qualificate e dotate di predisposizione per certi lavori. Non si può improvvisare e affidarsi a persone inesperte. E serve tanta onestà. Saluti.
RispondiEliminaQuante risorse sciupate! :(
RispondiEliminaAlla luce del tuo post ma anche di tante altre realtà simili a quelle da te descritte, è ben chiaro perché hai cambiato lavoro. E non è giusto.
RispondiEliminaIl tuo post mi conferma su quel che ho sempre intuito. Il volontariato è un grande magna magna che arricchisce pochi e sfrutta tante persone che avrebbero bisogno di guadagnare decorosamente oltre che di lavorare. Ci sono poi quelli che un lavoro ce l'hanno e sfruttano l'occasione per aver permessi dal lavoro incasinando i colleghi che non si prestano a queste buffonate. Il lavoro è lavoro e va retribuito. Tutto il resto è solo demagogia pura.
RispondiEliminaE che dire in ambito culturale? Quanti vorrebbero ad esempio fare gli archivisti o gli archeologi volontari?!
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